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BESTIA DA STILE di Pasolini : Accademia diploma Condemi

BESTIA DA STILE di Pasolini : Accademia diploma Condemi

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BESTIA DA STILE: l’Accademia diploma Condemi

Intervista all’allievo regista Fabio Condemi, che ha scelto come saggio finale il testo di Pier Paolo Pasolini nel quarantennale dell’assassinio, dopo un interessante percorso di studio sul poeta avviato da Giorgio Barberio Corsetti, docente di regia all’Accademia.

di Anna Maria Bruni : http://cambiodiscena.wordpress.com

Foto di scena fornite dall’Ufficio Stampa


Gabriele PortogheseBestia da stile, su questo testo di Pier Paolo Pasolini è caduta la scelta di Fabio Condemi per chiudere il suo percorso come allievo regista dell’Accademia di Arte Drammatica di Roma, al Teatro Studio Duse di Roma dal 9 al 16 novembre. Un lavoro sul quale Pasolini dal ’65 al ’74 è continuamente tornato, per rielaborare la riflessione sulla difficoltà di raccontare i conflitti della modernità. La vicenda si svolge negli Anni ’30 in Boemia e ha come protagonista Jan, un personaggio ispirato a Jan Palach, lo studente cecoslovacco che si diede fuoco sulla piazza San Venceslao nel 1968 dando il via alla Primavera di Praga, e al quale il poeta affida le sue tensioni. Un testo che ripercorre l’autobiografia personale e politica di Pasolini intrecciandola con avvenimenti tragici della storia capaci di corrompere i caratteri e disperdere gli affetti.
Ma fra i lavori di Pasolini Bestia da stile non risulta certo fra i più facili, essendo un testo che affida la sua dinamica alla parola più che all’azione, e i personaggi alla poetica più che alla caratterizzazione. Una prova che impegna non poco l’elaborazione di scena, per arrivare al pubblico.

La prima domanda che rivolgiamo perciò all’allievo regista è perché hai scelto Bestia da stile come saggio di diploma dall’Accademia?

Il lavoro su Pasolini è partito dal progetto Pier Paolo – Poeta delle ceneri, (rappresentato alla Pelanda a Roma lo scorso Aprile, ndr) nato già lo scorso anno e diretto da Barberio Corsetti, insieme ad altri cinque allievi registi, attori diplomati e altri ancora allievi dell’Accademia. Io avevo letto molto della produzione di Pasolini ma nulla ancora di teatro, e in particolare Bestia da stile era rimasto sospeso. Quando poi l’ho affrontato mi ha particolarmente appassionato, perché ci ho ritrovato tanti temi cari a Pasolini e perché proprio la forma drammaturgica mi è sembrata particolarmente interessante. Il percorso di studio con Barberio Corsetti e gli attori mi ha permesso di approfondirla, al punto da maturare l’idea di portarlo come saggio finale.

Ciò che ha reso particolarmente stimolante l’elaborazione è stato paradossalmente proprio il lavoro sulla parola compiuto da Pasolini a partire dal suo “manifesto per un nuovo teatro”, senza mai dimenticare che in scena comunque c’è un corpo e c’è uno spazio … elementi con i quali lui stesso non ha fatto debitamente i conti, tanto che come sappiamo per lui non fu una grande prova. Ma altrettanto non bisogna dimenticare che sono le parole che creano i luoghi, gli spazi, le situazioni; i pannelli mobili trasparenti che abbiamo usato in scena hanno funzionato poi come un’azione attraverso la quale vedere i personaggi. Che sono sempre monologanti, non ci sono dialoghi, anche quando due personaggi si incontrano, come il fratello e la sorella, è lei che parla mentre lui ascolta in silenzio. Perciò abbiamo lavorato molto sul cercare di capire come le parole lavorino, tenendo anche conto che alcuni personaggi sono profondamenti ispirati a persone della vita di Pasolini: il fratello Guido, la madre (interpretata con un notevole registro fisico e vocale da Valeria Almerighi, altra allieva dell’Accademia, ndr), personaggio geniale che parla una lingua inventata, quasi creata attraverso il suono, neanche le parole; ma anche l’elemento della sessualità, decisivo nella vita di Pasolini, che dà corpo al personaggio e alla sua scena. Infine, bisogna tenere conto che è un testo scritto da un poeta. Dunque la difficoltà dovuta al fatto che i personaggi non hanno psicologia, è stata affrontata dandogli corpo, non caratterizzazioni. Il centro è Jan (cui Gabriele Portoghese restituisce un bell’equilibrio tra sensibilità ed espressività, ndr) e i personaggi parlano in funzione di lui. Infatti quando parlano gli altri lui rimane muto. Anche nel Pilade lui mette in scena un personaggio che non parla, e anche qui c’è questo centro che non parla e tutti parlano a lui. Questo ci ha permesso di trovare la direzione, e in più ci ha aiutato a fare un lavoro drammaturgico su alcuni tagli, per dargli un nucleo, dato che il testo è molto ampio e pieno di appendici che prendono altre direzioni.

In che modo Barberio Corsetti ha avviato il percorso di studio su Pasolini a cui hai accennato all’inizio, che ha portato te in particolare a questo approdo?

Lui ci ha proposto fin dall’anno scorso a noi registi il lavoro su Pasolini, invitandoci a studiarlo attraverso i film e i suoi libri, oltre che il teatro. E poi ognuno di noi ha scelto come fare il suo lavoro, ma senza condizionamentiArianna di Stefano , bensì solo a partire da quanto ognuno di noi è andato elaborando, solo guidandoci man mano che si è realizzato il lavoro, per l’utilizzo delle fonti, lo spazio, gli attori, la drammaturgia. Anche perché il lavoro finale non era uno solo, ma al contrario composta da cinque studi. Il lavoro su Bestia da stile poi è partito da quello studio.

Bestia da stile è un lavoro sulla parola, sul linguaggio. Ma tu credi sia questa la materia su cui tornare a lavorare oggi?

Io non credo che ci sia una risposta; sicuramente per me è importante avere un punto di partenza poetico, letterario, sento che può essere una reazione a una certa moda, a un certo modo di fare che ha a che vedere con quello che Pasolini chiama il teatro “del gesto e dell’urlo”, ma è anche una necessità, quella di sentire che cosa gli autori anche classici hanno da dirci. Forse perché è un periodo in cui ci sono turbolenze e instabilità, perciò questa forza vitale può andare contro a qualcosa di stantio. Per alcuni può essere un’immagine folgorante, non c’è una risposta, oppure può essere una scintilla. E poi bisogna stare attenti con Pasolini, perché è vero che nel manifesto parla della parola, ma anche dello scandalo del contraddirsi, infatti è pieno di immagini ed il fatto stesso che il protagonista all’inizio stia sul fiume, e il testo lo indichi solo con la didascalia, riporta proprio alle immagini molto potenti dei film, più che alla parola.

Tu citi il teatro del “gesto e dell’urlo”, che però fa immediatamente pensare ad Artaud, alla sua “peste” e a Julian Beck che tanto ha lavorato sulla simbologia di quella scena. Entrambi hanno attraversato chi prima di dopo lo stesso periodo storico di Pasolini, affidando all’azione il loro teatro….

Assolutamente, infatti Pasolini criticava una degenerazione, ma in realtà cita Artaud come una sua fonte.

E dicevi del “contraddirsi” che mi fa pensare al fatto che il messaggio che passa attraverso la “narrazione” della sessualità sia la provocazione attraverso la quale rovesciare la parola per affidarsi ai corpi e alle loro reazioni chimiche. Un tradimento degli intenti enunciati da Pasolini, per essergli ancor più aderente. Tu non credi che tradire il testo possa essere un modo per essere fedeli?

Assolutamente, e penso che lui stesso, dieci anni dopo il “manifesto”, affidi al personaggio della madre il tradimento della lingua italiana, che lui dice debba essere accettata come convenzione, attraverso il dialetto, che è molto teatrale. Il dialetto è il suo stesso tradimento.

Un saggio di chiusura, ma anche un inizio, che può essere il trampolino per la tua carriera teatrale: quale sarà il tuo orizzonte per il futuro?

Il mio approccio per adesso è di riuscire a saper leggere i testi; secondo me se si riescono a capire molti testi parlano molto. Questo stesso con cui sono andato in scena mi ha fatto sentire come un poeta abbia attraversato quel momento di orrore che è stata la seconda guerra mondiale, e cosa abbia maturato. E’ stato molto importante per noi, lo dico senza retorica né moralismi, è stato importante meditare su quelle parole. E ritengo che siano molti gli autori anche del passato che possono dire cose capaci di risuonare a noi oggi.

Quale è stata la molla iniziale che ti ha fatto entrare in Accademia, e come senti di uscirne?

Quando sono entrato in Accademia ne sapevo poco di teatro, ero interessato a questo mondo ma senza averne una reale conoscenza. Oggi credo di esserne uscito arricchito, credo davvero di aver imparato diverse cose a livello tecnico, e di avere incontrato persone che mi hanno trasmesso molto, e parlo sia dei miei coetanei sia dei maestri come Barberio Corsetti e altri insegnanti.

Dicevi che i tuoi colleghi sono stati una fonte di arricchimento, e che lo stesso saggio è stato in un certo senso un lavoro corale. Hai intenzione di continuare a condividere con loro un percorso futuro?
Noi sì abbiamo molte intenzioni, anche a partire da Bestia da Stile, che come hai detto nasce da una collaborazione; con loro ci siamo detti di continuare a collaborare perché ci siamo trovati molto bene.

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