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TEATRO : Animali da bar – Occidente all’ultimo stadio

TEATRO : Animali da bar – Occidente all’ultimo stadio

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ROMAEUROPA: Animali da bar, l’Occidente all’ultimo stadio

di Anna Maria Bruni


Già cominciare ironizzando dello stuolo di spettacoli sulla prima guerra mondiale proposti quest’anno, approfittando del centenario per guadagnare la scena, ha polarizzato l’attenzione come un radar in campo magnetico, se poi aggiungiamo che questi della Carrozzeria Orfeo sono stati capaci di non mollarla per più di un’ora di spettacolo, sono solo applausi.

Esattamente sullo stesso tono crudo, ironico e drammatico, attraverso un ritmo sempre incalzante sono riusciti ad intrecciare cinque vite completamente diverse, legate in realtà dallo stesso filo, e dal bar, rifugio protettivo senza eguali per lo sfogo collettivo. Lei, la barista, una straordinaria Beatrice Schiros, è una ucraina dalla vita travagliata, emigrata, con figlio a carico e dedita all’affitto del proprio utero a una coppia senza figli né voglie; intorno a lei le vite degli altri: il marito della coppia, rappresentazione plastica dell’alienato, buddista in lotta per la liberazione del Tibet mentre a casa le prende dalla moglie, un imprenditore ipocondriaco gestore di un’azienda di pompe funebri per animali di piccola taglia, un giovanotto ossessionato dall’inesistenza del suo pene e dal ricordo di sé zimbello dei compagni di liceo, che ruba nelle case dei morti, uno scrittore alcolizzato costretto dal suo editore a scrivere un romanzo sulla grande guerra. Interpreti: Massimiliano Setti, Pier Luigi Pasino, Paolo Li Volsi e Gabriele De Luca, tutti egualmente bravi nel tenere ruolo e ritmo. E, ciliegina sulla torta, la voce fuori campo ma non meno inquietante di un vecchio malato (Alessandro Haber perfettamente in carattere), misantropo e razzista, ritiratosi a vita privata ma non per questo meno ossessivo nelle sue richieste, a cominciare da quelle sessuali.

Sono gli Animali da bar, perfetto ritratto della decadenza della vita occidentale, capaci di insistere oltre ogni limite sulle illusioni come sulle proprie cazzate, trasfigurandole in meriti della propria originalità come da copione di una vita vissuta di pancia, priva di razionalità e per questo disperata ma in misura direttamente proporzionale risucchiata dal cupio dissolvi.

Il merito va a Gabriele De Luca, autore della piéce, capace di non fare sconti e per questo di smascherare la perseveranza diabolica dell’errore trasformando in zibelli tutti gli astanti, nella miseria di chi si limita a sopravvivere come nella falsa coscienza di chi continua a raccontarsela.

Unica nota al testo, l’espediente non originale dello scrittore che “esce di scena” per dire al pubblico che il suo testo si è trasformato nel racconto di questo vissuto. Ma funziona, e perciò va bene, soprattutto perché quel che conta davvero è vedere di nuovo la verità in scena, linguaggio compreso, l’unico modo per smettere di pensare al “rischio” di un’umanità corrotta, e prendere atto che è questa la situazione che abbiamo davanti.

http://cambiodiscena.wordpress.com
@morgancrazy


Per Info : Carrozzeria Orfeo

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