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ROMAEUROPA: l’homo faber Lepage in 887

ROMAEUROPA: l’homo faber Lepage in 887

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omo faber
di Anna Maria Bruni
E’ ancora possibile sedersi una sera in un palchetto di platea di un grande teatro come l’Argentina di Roma, ed essere dolcemente trasportati dentro il racconto di una storia personale, dentro la casa di una famiglia, dentro la storia di un paese.

E’ la magia del teatro, e si è ripetuta  quando Robert Lepage ha sollevato delicatamente il velo davanti al civico “887”, che ha aperto il Romaeuropa festival. E la cosa più sorprendente è che la delicatezza di questo artista è passata attraverso un uso mirabile della tecnologia digitale, perfettamente coniugata con le più tradizionali tecniche della scena teatrale, dai praticabili agli argani per i girevoli, dai sipari ai trompe l’oeil.

Ci ha preso per mano, e partendo da una semplice presentazione al centro di una scena nuda, raccontando le premesse di quel che lo ha portato a ripercorrere la sua vita familiare, Lepage ci ha aperto le porte della palazzina di Rue Murray 887, e ci ha presentato la sua famiglia: suo padre, sua madre, i fratelli, e poi i vicini di casa, mentre li vediamo da lontano muoversi dietro le finestre illuminate.

E quando il racconto si sposta, cambia la scena. Ma non come ci si aspetterebbe, ovvero occupandola interamente con un ambiente, bensì facendo scivolare interi edifici, piazze, giardini, panorami fino al centro per poi spalancarceli davanti agli occhi attraverso una straordinaria scenografia tecnologica.

Una magia con la quale Lepage è riuscito a coniugare memorie di vita familiare e storia collettiva, dagli anni della seconda guerra mondiale vissuti dal padre fino ad oggi, passando attraverso quelli della sua giovinezza, fra un rifiuto dell’università dal sapore classista, la scelta dell’accademia e la rivolta della provincia francofona contro il Canada anglofono, quella “rivoluzione tranquilla” che ha portato all’autonomia del Quebec.

Un’arte che ricorda quella di Lindsay Kemp, per la stessa capacità di usare l’eccellenza della tecnica artigiana per far apparire sparire trasformare la materializzazione delle parole in immagini davanti ai nostri occhi incantati. E’ solo il mezzo che cambia, e nonostante il viaggio nella memoria avvenga con l’uso della multimedialità, Lepage non tradisce il tradimento della memoria: “ogni volta che ricorda – ci dice – l’essere umano cambia, adatta, personalizza il passato: come il teatro, anche la memoria è un atto creativo”. E la tecnologia è solo un mezzo per spalancare lo spazio alle emozioni, quando si sceglie di metterle in gioco davvero.

Drammaturgo, attore, regista e scenografo, Lepage spicca nel teatro contemporaneo con una notevole produzione teatrale, fra cui “Needles and Opium” e “The Andersen Project” che abbiamo già visto nelle passate edizioni del Festival. Inoltre ha collaborato alla messa in scena dei concerti di Peter Gabriel e recentemente ha diretto “Der Ring des Nibelungen” di Richard Wagner al Metropolitan di New York, conquistando un Grammy Award.
887
Ideazione, messinscena e interpretazione Robert Lepage
Direzione artistica e ideazione Steve Blanchet
Assistenza alla regia Adèle Saint-Amand
Musica originale e idea sonora Jean-Sébastien Côté
Disegno luci Laurent Routhier
Idea visiva Félix Fradet-Faguy
Produzione Ex Machina commanditée par le programme Arts e Culture de Toronto 2015 Pan Am e Parapan Am Games

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