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Televisione spagnola: colonialismo contro la Bolivia da una colonia europea degli Stati Uniti

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Televisione spagnola: colonialismo contro la Bolivia da una colonia europea degli Stati Uniti 


 

Di José Manzaneda, coordinatore di Cubainformacion (texto en español: Televisiones españolas: colonialismo contra Bolivia desde una colonia europea de EEUU)
 
Traduzione di Vincenzo Basile (Capítulo Cubano)

http://capitulocubano.blogspot.it/2000/01/televisione-spagnola-colonialismo.html


I talk show dei vari canali televisivi spagnoli -pubblici e privati- sono la dimostrazione del fatto che la presunta pluralità di opinioni si riduce, in realtà, al pensiero unico con le sue diverse sfaccettature.

I programmi che hanno trattato, giorni fa, il fermo che ha sofferto il presidente Evo Morales nell’aeroporto di Vienna, in seguito al rifiuto di alcuni governi europei di aprire il loro spazio aereo a causa della pressione degli Stati Uniti, sono l’esempio che la mentalità eurocentrica e colonialista è egemonica tra giornalisti ed esperti opinionisti.

Mettendo da parte gli iracondi programmi dei canali della destra neoliberale, analizzeremo solo quello di un canale pubblico, Televisión Española (TVE), e quello di un canale privato che si dichiara progressista, La Sexta (1).

Nel programma di TVE un opinionista giustificava il fermo di Evo Morales -con soddisfazione del governo di Washington- con la tesi che la Bolivia non ha alcuna importanza per la Spagna: “Gli Stati Uniti e le potenze occidentali sono cugini. Siamo onesti! Questa è la politica estera del mondo. La Bolivia non è precisamente una potenza. Non conta nulla nel grande concerto del potere internazionale”. E aggiungeva -né più né meno- che il governo spagnolo regala milioni di euro alla Bolivia: “Per la Spagna (la Bolivia) non ha alcuna importanza, anche perché ci stanno cacciando (nonostante) noi continuiamo a regalargli milioni di euro -e credo che dobbiamo farlo- in cooperazione”.

Un altro commentatore, questa volta su La Sexta, utilizzava lo stesso argomento neocoloniale e paternalista, ma questa volta per condannare la decisione europea di chiudere lo spazio aereo a Morales: “La Spagna ha sbagliato. (Perché) sappiamo che la Spagna è il guardiano europeo dell’Iberoamerica”.

Diversi commentatori criticavano -di fatto- la posizione dell’Europa, sottomessa agli Stati Uniti. Ma non per ragioni di sovranità o di etica politica, semmai per aver fornito pretesti ai governi dell’America Latina, che erano identificati, più e più volte, con il termine dispregiativo di “populisti”: “L’aspetto più seccante di tutto ciò è che equivale a dare argomentazioni ai discorsi populisti”, diceva uno su TVE. Su La Sexta si affermava: “Ciò che mi inquieta di questa situazione è che abbiamo dato argomenti al populismo bolivariano”. E di nuovo sul canale pubblico: “Non ha molto senso la smisurata e sproporzionata reazione –attenzione, non dei presidenti dell’America Latina- (ma) di cinque presidenti dell’America Latina”.

Dei dirigenti ribelli latinoamericani, il nemico numero uno dei commentatori era -ovviamente- il presidente del Venezuela Nicolas Maduro. Mamen Mendizabal, conduttrice di La Sexta, introduceva il tema con una domanda carica di intenzioni accusatorie. “Il dibattito di fondo è se la Spagna ha fatto bene e se il Venezuela ne trarrà vantaggio…”

Su TVE i quattro opinionisti, senza eccezione, inveivano in modo virulento contro Maduro, usando i soliti argomenti: “Quel che sta facendo Nicolas Maduro è gettare più benzina sul fuoco in chiave interna per la sua orda bolivariana”. Oppure: “Questo (Maduro) sta cercando scuse per eliminare, lì nei Caraibi, i pochi interessi (spagnoli) che restano ancora in Venezuela e che non sono stati ancora toccati. (…) Conosco imprenditori che sono stati rovinati da Maduro”.

Ma il momento clou della arroganza eurocentrica del talk show di TVE è stato quando alcuni ospiti schernivano il vestiario del presidente venezuelano, che indossava abiti da minatore durante un evento politico in Bolivia. “Per prima cosa -diceva uno di loro-. Parliamo della moda lo interrompeva un altro- (si sente una risata generale)”. Successivamente, un terzo, con tono serio: “Quel che trovo inaccettabile è che il signor Maduro ha detto alcune cose inammissibili… E vestito da minatore! Cioè, con un casco in testa. È assurdo che costui voglia darci lezioni di etica ed estetica…”.

A tal punto, qualcuno ricordava che deridere il vestiario di un presidente in un programma televisivo può avere conseguenze. “Attenti che questo potrebbe infastidirli… loro vedono questo programma”. La conduttrice li rimproverava: “Questi commenti… li vedono in America Latina e cosa penseranno…?”

Ma se c’è un intervento che riassume alla perfezione l’impunità con cui i commentatori difendono il monopolio delle opinioni conformi al pensiero unico, è stato quello di Ruben Amon di La Sexta: “Bisogna ricordare anche qual è la situazione della stampa e delle libertà nell’ambito bolivariano. Dire queste cose come fa la Kirchner o come fanno Correa, Morales e Maduro, con la legge sulla stampa che hanno lì… è particolarmente imbarazzante”. Per questo commentatore il problema della libertà di stampa non è che i media siano di proprietà di banche e grandi capitalisti, che filtrano informazioni, messaggi e opinioni contro i loro interessi. Quel che presumibilmente danneggia la libertà è che governi come quello della Bolivia, dell’Ecuador, del Venezuela e dell’Argentina siano riusciti a realizzare leggi che democratizzano i mezzi di comunicazione, garantendo che alcuni di essi non siano nelle mani del capitale privato, ma siano comunitari e pubblici (2 ).

Ma questo dibattito, ovviamente, è un’altra storia. E nemmeno avrà riflesso in nessuno dei talk show dei media pubblici e progressisti spagnoli.


(1) http://www.youtube.com/watch?v=3ucKarkv_aE
(2)http://www.eldiario.es/zonacritica/Ecuador-Ley-Organica-Comunicacion-presentaran_6_148095194.html

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