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La privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali è incostituzionale.

La privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali è incostituzionale.

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La privatizzazione forzata dei servizi pubblici locali è incostituzionale.

La Corte Costituzionale cancella le norme di Berlusconi e Monti

 

La Corte Costituzionale con sentenza 199/2012 ha dichiarato incostituzionale l’articolo 4 del decreto legge 138 del 13 Agosto 2011 (convertito nella Legge 148/2011) che aggirava il risultato dei referendum contro la privatizzazione dei servizi pubblici locali reintroducendo le norme abrogate (art. 23 bis del Decreto Ronchi).

 

La bocciatura non riguarda solo le leggi emanate dal morente Governo Berlusconi ma anche tutte le successive modifiche – peggiorative – del Governo Monti che avevano di fatto reso impossibile la gestione diretta delle società pubbliche e forzava la cessione a privati delle società in house e le società partecipate a capitale pubblico.Questa sentenza è una buona notizia: ripristina il risultato referendario voluto da 27 milioni di italiani e mette un freno alla privatizzazione forzata e alla svendita dei servizi pubblici locali e dei beni comuni (dai rifiuti ai trasporti, dal’acqua all’energia) voluta da Berlusconi ed ulteriormente incentivata dal Governo Monti (dal decreto legge 1/2012, art. 53 Dl 83/2012 anche con l’attuale “spending review”.

 

Una buona notizia anche per le decine di migliaia di lavoratori delle società pubbliche e in house che vedono, con la svendita delle loro aziende, i loro posti di lavoro e i loro diritti a rischio; una buona notizia per i cittadini per un servizio pubblico che deve essere di qualità e senza profitti privati.Rimangono però in vigore le norme europee che prevedono diverse forme di gestione: in house, miste, o la società per azioni private, come rimangono diverse normative “privatizzanti” di settore, gli incentivi agli enti locali per procedere alla svendita delle società (nel Patto di stabilità vi sono premialità nei trasferimenti statali agli enti locali per favorire le dismissioni) e vari vincoli per la gestione diretta delle società (limiti per le assunzioni).

 

La pronuncia della Corte Costituzionale deve essere motivo di rilancio delle mobilitazioni contro le politiche di privatizzazione portate avanti non solo dal governo nazionale ma, con convinzione, anche dalle amministrazioni locali di centro destra e di centro sinistra.Ora, non potendosi più nascondere dietro l’obbligatorietà dettata della legge nazionale, i governi locali devono azzerare i processi di svendita e di privatizzazione delle aziende pubbliche e in house rispettando il diritto dei cittadini ai beni comuni.

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USB

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