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LAVORO: SANREMO – Al Festival cantano i lavoratori TIM ed EMBRACO

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PRESIDIO IN PIAZZA DEI LAVORATORI TIM ED EMBRACO PER CHIEDERE ASCOLTO SULLE LORO VERTENZE

Come in passato, i lavoratori in lotta raggiungono la città del Festival per reclamare attenzione sui licenziamenti (Embraco – Whirpool), e sui rischi di esuberi e sacrifici connessi allo scorporo della società (TIM – TELECOM). “L’azienda ha preso i soldi dallo stato e ora se ne và” dice una lavoratrice Embraco. “Pensiamo che la società che gestisce la rete debba essere pubblica” aggiunge un lavoratore TIM.

Interviste a cura di Alfredo Comito  LiberaRete – Libera.tv


 

SANREMO TELECOM PUBBLICASANREMO – Ultimo giorno del Festival. La piazza antistante il Teatro Ariston è gremita di persone e di postazioni attrezzate di radio e televisione. I cellulari impazziscono per catturare ogni cosa si muova in attesa che qualcosa si compia, che un volto famoso appaia. Ragazzi e ragazzine, giovani e anziani, un brulicare confuso, agitato, mentre passa qualche auto coi finestrini oscurati.

Il luogo meno adatto per raccogliere solidarietà per chi lotta per il posto di lavoro. Sembra non interessi a nessuno la presenza dei lavoratori TIM ed Embraco. “Ma che manifestano?” ripete una ragazza toccandosi i capelli.

Ma è proprio lì che bisogna andare per strappare una intervista, per accendere i fari sulle proprie vite, per cantare una “canzone diversa” come ci dice un lavoratore TIM. La loro azienda è sponsor ufficiale del Festival e i lavoratori rischiano 7500 esuberi e la divisione della società per crearne una che gestisca e investa sulla rete.

Sicuramente necessaria una società terza che gestisca la rete e l’accesso a pari condizioni ai concorrenti. Il perché in Italia si debba risolvere questo problema a più di 20 anni dalla privatizzazione del colosso pubblico SIP è merito degli statisti della politica italiana che all’epoca cedettero l’intera società, servizio e rete, ad un gruppo di privati, il c.d. “nocciolo duro”, che l’acquistò a debito grazie a un generoso finanziamento. Il debito lo lasciarono nel bilancio alla voce “passivo” e nel frattempo si divisero gli utili che crescevano di anno in anno. Poi la Telecom Italia passò in nuove mani sino alla sua cessione alla spagnola Telefonica e ora ai francesi di Vivendì, senza che il problema della proprietà della rete e del suo accesso fosse risolto. Un capolavoro tra politica e classe imprenditoriale, quella classe che avrebbe dovuto far crescere il Paese sotto la spinta delle privatizzazioni delle imprese pubbliche degli anni ’90 e disegnare un futuro di sviluppo e di eccellenze, come amano dire.

Invece sono stati tedeschi e francesi i maggiori acquirenti in questi ultimi anni delle aziende italiane, ma neanche loro sono samaritani. Ogni azienda privata mira a rendere profittevole il proprio investimento e ora si pone nuovamente il problema dell’accesso alla rete e della sua modernizzazione.

Un tavolo tra i soggetti interessati e il ministro è stato aperto, ma i lavoratori TIM e TELECOM chiedono che la società che gestirà la rete sia pubblica al fine di garantire il lavoro, gli investimenti e anche i dati sensibili che in essa viaggiano. “Il gap tecnologico che paghiamo è perché non abbiamo un operatore pubblico che si occupa dello sviluppo delle telecomunicazioni nel Paese” ci dice Riccardo De Angelis, COBAS Lavoro Privato di Roma.

L’Europa, citata spesso per privatizzare, prevede invece la possibilità di società interamente pubbliche, le c.d. Società Speciali, sottoposte a controllo pubblico, col fine di garantire qualità ed universalità del servizio.

Accanto a loro, i lavoratori della EMBRACO (gruppo Whirpool) di Riva Presso Chieri (TO) che denunziano 497 licenziamenti su 537 occupati. L’intenzione è di lasciare in Italia solo la sedeSANREMO EMBRACO Licenziati commerciale e di cessare la produzione di compressori per frigoriferi Whirpool del sito di Riva Presso Chieri. “Fanno più profitti in altri Paesi e questo è inaccettabile” ci dice Ugo Bolognesi della FIOM CGIL di Torino . Nella lettera inviata dall’azienda si manifesta la disponibilità a “cercare soluzioni perseguibili”, benché abbia già chiarito che “stante la decisione (…) di cessare ogni attività produttiva in Italia, non sono ravvisabili misure temporanee idonee a ridurre, in tutto o in parte, o a posticipare la riduzione di personale”.

Dunque, come scrisse Dante, “Vuolsi così colà donde si puote e più non dimandar”, ma il Ministro Calenda intende farlo e ha chiesto un incontro per giovedì  con i vertici dell’azienda.

Davanti l’entrata del Teatro Ariston un gruppo di ragazzi urla come fosse sotto il palco. In piazza giungono le telecamere. I megafoni dei lavoratori si accendono.  “Lavoro, lavoro” gridano in coro. I microfoni dei giornalisti si avvicinano. Si va in sala stampa. La Digos è informata e accompagna le due delegazioni. Il Festival inizierà fra qualche ora, quando il sole sarà tramontato e il pubblico sarà entrato.

Intanto fuori, dalla piazza, è partito un messaggio che viaggia sulle frequenze del lavoro. Parla di tute rosse e blu, della vita, della volontà e della speranza. Sono loro il nostro “Festival”.

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LiberaRete Lombardia Profilo del gruppo lombardo dell'associazione LiberaRete che opera su Libera.Tv

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