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SCUOLA PUBBLICA Insegnanti in Sciopero contro la riforma di Renzi

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IL 24 APRILE SI FERMA LA SCUOLA

Contro Renzi e lo Jobs Act


 

Milano 02.04.2015 – Nonostante Renzi si fosse presentato con lo slogan "CambiareVerso" i cittadini non si sono avveduti di alcun cambiamento significativo sinora.
Dopo l'onda di entusiasmo degli 80 euro, la gestione dei tagli e il crescere delle ingiustizie sociali prosegue come per l'istruzione, per la quale il governo, non solo aumenta il finanziamento pubblico alle scuole Private, ma riduce le risorse destinate alle scuole Pubbliche a cui si chiede di trasformarsi in aziende con Presidi che diventano manager e potranno applicare il nuovo contratto di lavoro che consente il licenziamento individuale senza giusta causa.
Un bel passo in avanti per la didattica pubblica, libera ed egualitaria che vedrà così la sua fine, stretta tra il potere del manager preside e dei nuovi consiglieri di amministrazione privata.
Tutto il contrario di quanto sancito nella Costituzione, di cui il Presidente Mattarella  è custode e garante, e che aveva previsto una scuola pubblica libera e accessibile a tutti sulla base delle convinzione che formare un cittadino consapevole e onesto fosse il migliore investimento per un Paese che aspirasse alla realizzazione della democrazia.
Gli insegnanti del COMITATO3OTTOBRE hanno lanciato un appello raccolto solo dai Sindacati di Base e annunziano uno sciopero per il 24 aprile..
E' sempre più evidente come il governo di Renzi prosegua l'opera di smantellamento dello stato sociale in ossequiosa obbedienza ai dettami della BCE, così come esposti nella famosa "lettera" (scritta o auto-scritta) con la quale si sono imposti tagli ai servizi e sacrifici da "lacrime" per l'Italia affinché essa potesse accedere al credito e vendere i propri titoli pubblici.
Da quest'anno, infatti, scatta il Fiscal Compact, vale a dire la riforma dell'Art.81 della Costituzione votata in 15 minuti dagli onorevoli della Repubblica, che impone il pareggio del bilancio e, di conseguenza, il taglio di circa 50 miliardi di euro all'anno per 20 anni al fine di ridurre il debito pubblico italiano al 60% del PIL.
Fatti e notizie che, se pubblicate su un giornale 20 anni fa' sarebbero passate come pesce d'aprile e non come fotografia di un Paese fallito, privo di progetti per il futuro, divenuto ormai in un outlet per le multinazionali private e pubbliche straniere che acquistano tutto ciò che di valore è rimasto.
Eppure, ciò che paghiamo oggi, è figlio proprio delle scelte e delle bombe di 20 anni fa, quando un sistema pareva crollare sotto le inchieste della magistratura.

Alfredo Comito

Libera.tv Lombardia

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