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LEGALITA’ E REPRESSIONE : L’ordine pubblico come fine

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LEGALITA' E REPRESSIONE

L'ordine pubblico come fine : i dispositivi del contenimento sociale

Il secondo incontro del ciclo di seminari "Vagli a spiegare che è primavera", sul tema dei dispositivi di magistratura e polizia:


Gli apparati di polizia e sicurezza e di ordine pubblico in senso lato (come salvaguardia dello Stato e dello status quo) appaiono oggi come un ibrido: soggetto politico e apparato di polizia al tempo stesso. Essi hanno di fatto sostituito la politica sul versante sociale. Si è così venuto costituendo come un soggetto politico-poliziesco che ha compito di controllare e contenere il disagio e il dissenso sociale, un'attività governamentale che si svolge su più piani e implica relazioni di potere plurime, coinvolgendo, tra gli altri, anche il sistema di informazione

 


LA POLIZIA ITALIANA

Abstract (a partire da Palidda, 2015, The Italian Police Forces, in stampa in “European Journal Policing Studies”)


Il testo propone la descrizione e un’analisi delle forze di polizia in Italia. L'approccio adottato si situa fra storia sociale e politica e, soprattutto, nello studio della costruzione sociale e quindi delle pratiche sociali nell’organizzazione politica della società. Per meglio analizzare la costruzione sociale delle polizie italiane propongo di pensarla come una delle diverse istituzioni sociali coinvolte nella sperimentazione continua dell’organizzazione politica della società. Le ricerche sulle polizie italiane sono ancora molto rare. Questo articolo fa riferimento soprattutto a ricerche dal 1990 a oggi oltre che ad altre sugli affari militari, agli studi storici e anche ad alcuni documenti e conoscenze accumulate in inchieste giudiziarie e reportage affidabili.

Lo studio di ogni forza di polizia (a livello nazionale o locale) deve essere situato nella storia politica di un paese.
Evitando l'uso corrente di "modelli", penso che sia fondamentale cercare di comprendere la costruzione sociale delle polizie e quindi le loro pratiche nell’organizzazione politica della società (come sinonimo dello Stato).
Le forze di polizia italiane hanno molte somiglianze, ma anche alcune differenze rispetto alla polizia dei paesi detti democratici e più sviluppati, alcune differenze fra loro stesse e anche all'interno della stessa polizia.
Mi sembra subito indispensabile precisare che la polizia non è un "la burocrazia a livello della strada" (the street level bureaucracy), ma una delle varie istituzioni sociali coinvolte nella continua sperimentazione volta a produrre l’organizzazione politica alla società.
In tale organizzazione, la polizia può avere un ruolo di primo piano solo se riesce a raggiungere un accordo con i più importanti attori locali e nazionali, e se guadagna abbastanza popolarità.
Questo successo non corrisponde necessariamente all'applicazione delle norme scritte nei codici dello stato di diritto e nelle direttive delle autorità politiche.
In concreto, la polizia è in grado di giustificare la sua esistenza solo attraverso una mediazione continua tra le norme e le sue pratiche (che possono essere informali e non sempre legali) all’interno della vita sociale di tutti i giorni, barcamenandosi fra le direttive dall'alto e le aspettative o richieste della popolazione locale che conta.
La legittimità non è sempre legalità; la legittimazione della polizia sta nella capacità di agire “al meglio” (o alla meno peggio) per il funzionamento della società locale, e come forza di disciplinamento e di repressione (controllo e punizione);
La polizia contribuisce così a regolare la relazioni economiche, sociali e quindi politiche, soprattutto perché garantisce la riproduzione della gerarchia sociale, che è il motore dell'economia.
Tale regolamentazione comporta una reale difficoltà nel discernere e limitare l'uso improprio o l’abuso della discrezionalità che è insita al suo potere.
E’ sulla base della sua discrezionalità che alcune illegalità sono tollerate e altre sono considerate intollerabili.
Le pratiche della polizia rispondono raramente al rispetto rigoroso delle norme dello stato di diritto (fra altri si veda Egon Bittner) ma più spesso, in parte a direttive dall’alto o più spesso a ciò che è socialmente legittimato, cioè richiesto, voluto o solo approvato da quella parte della popolazione che conta e che comunque assicura alla polizia il consenso e quindi la legittimazione (legittimità non è sempre legalità anzi può essere illegalità e persino criminalità) (vedi Foucault sugli illegalismi ecc.).
In questo campo in particolare, è necessario pensare che c'è sempre coesistenza di autoritarismo e democrazia, di stato di eccezione e di apparente normalità democratica (cfr. Conflict …, 2010), (in particolare fra gestione violenta e gestione pacifica del disordine, fra legittimità e legalità … la legittimità può giustificare anche pratiche illecite se non criminali).
Sia in uno stato di diritto reazionario che in quello democratico, questa coesistenza si riproduce sempre, variando solo l’accentuazione di uno e dell’altro aspetto a seconda delle congiunture; così in certi periodi prevale la gestione pacifica e in altri quella violenta, ma entrambe coesistono sempre.

E' sempre possibile, quindi, l'anamorfosi dello stato di diritto democratico, cioè la possibilità di passare da una traduzione pratica più o meno coerente delle norme di legge verso l'adozione di norme informali, illegali e addirittura criminali. Essa appare evidente nel caso italiano a causa delle difficoltà storiche di conciliare diversi gruppi di interesse locali, nazionali e transnazionali (… 1992).
I comportamenti antidemocratici se non fascisti e razzisti delle forze di polizia sono evidenti non solo quando queste forze sono a volte violente, fasciste o 'semplicemente' criminali, ma anche e ancor più quando condividono pratiche che sono socialmente legittimate. Le pratiche autoritarie non sono solo le scelte dei poteri, corrispondono anche al senso comune fra la parte della popolazione che ha interiorizzato il discorso di potere (Foucault, 2004).
Le ricerche sulle polizie italiane sono state e sono ancora rare (Palidda, 2000; della Porta e H. Reiter, 2004); questo vale anche per le ricerche empiriche sulle carceri, sull'amministrazione giudiziaria e, in generale, sulla pubblica amministrazione a livello nazionale e locale.

 

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