RAPPRESENTANZA SINDACALE: LA SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE RAFFORZA LA NECESSITÀ DI UNA LEGGE
La democrazia, le libertà ed il diritto tornino nei posti di lavoro e il Parlamento si riappropri delle sue prerogative.
La Corte Costituzionale, con le motivazioni della sentenza 231/2013 su l'incostituzionalità dell'art.19 dello Statuto dei Lavoratori, conferma quanto noi dell’USB ripetiamo da 20 anni: ci vuole una legge con precisi criteri democratici che permetta ai lavoratori, prima ancora che ai sindacati, di poter esprimere liberamente da chi e come essere rappresentati sindacalmente.
Per noi deve essere una legge che riporti la democrazia, le libertà ed il diritto nei posti di lavoro una legge che cancelli l'odioso monopolio di Cgil Cisl e Uil, basato sulla paura, il ricatto e la ‘collaborazione’ con le controparti aziendali; che cancelli anni di discriminazioni sindacali e di licenziamenti ‘politici’; che ridia voce ai lavoratori e crei le condizioni per superare un sistema di relazioni tra padroni e Cgil, Cisl e Uil che ormai è un rapporto di tutela di reciproci interessi.
Più in generale, la Corte Costituzionale dice chiaramente che l'art. 19 è incostituzionale e che il legislatore deve intervenire. E allora che cosa aspetta il Parlamento a riappropriarsi delle proprie prerogative fondamentali, che si esplicano nel ‘fare le leggi’ e correggere quelle che non funzionano o che, addirittura, sono incostituzionali?
Serve quindi che i Deputati ed i Senatori facciano il loro dovere che discutano, si confrontino e approvino una legge che cancelli la vergogna degli ultimi decenni e disegni un percorso democratico che attraversi anche i posti di lavoro, con contenuti che misurino oggettivamente la rappresentatività a livello aziendale e nazionale, con modalità trasparenti e verificabili, assenza di qualsiasi discriminazione e, soprattutto, tuteli in primo luogo i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Infine c'è da sottolineare che questa sentenza destruttura completamente l'Accordo del 31 maggio scorso una sentenza che mette completamente fuorigioco l'accordo ad excludendum sottoscritto da Confindustria, Cgil, Cisl, Uil e Ugl.
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