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Fiscal Compact. La politica dove’?

Fiscal Compact. La politica dove’?

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APPROVATO IL FISCAL COMPACT

La democrazia scompare mentre la politica si nasconde dietro battute e metafore

di Jacopo Venier


 

Erano solo 498 i presenti alla Camera per il voto sul fiscal compact.

Tra gli assenti spiccavano i tre leader di maggioranza Alfano, Bersani e Casini che non hanno trovato il tempo per votare questo documento che vincola per vent’anni le politiche del nostro paese.

Il provvedimento, già licenziato dal Senato lo scorso 12 luglio, è stato quindi approvato con 368 voti favorevoli, 65 contrari e 65 astenuti. Contrari i deputati della Lega Nord e dell’Italia dei valori e alcuni deputati del Pdl.

L’approvazione da parte di un Parlamento distratto della ratifica del Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance europea, ed il cosiddetto “fiscal compact” (art 3-8 del Trattato) comporta l’impegno delle parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme costituzionali o di rango equivalente, la “regola aurea” per cui il bilancio dello Stato deve essere in pareggio o in attivo”. E’ stata quindi presa la decisione di modificare su un punto fondamentale la Costituzione italiana introducendo un vincolo alla sovranità democratica dei futuri parlamenti e governi.

Inoltre, come se non bastasse, il trattato prevede che : “qualora il rapporto debito pubblico/Pil superi la misura del 60%, le parti contraenti si impegnano a ridurlo mediamente di 1/20 all’anno per la parte eccedente tale misura”. Per l’Italia significa un impegno da 45 miliardi di euro all’anno da pagare con nuove tasse, tagli ai servizi e privatizzazioni.

Se non lo faranno i nostri governi ci penserà questa Europa dei mercanti a commissariarci. Infatti le norme prevedono che “qualsiasi parte contraente che consideri un’altra parte contraente inadempiente rispetto agli obblighi stabiliti dal patto di bilancio può adire la Corte di giustizia dell’Ue, anche in assenza di un rapporto di valutazione della Commissione europea”. Cioè se uno qualsiasi degli stati che sottoscriveranno il trattato ritenesse l’Italia inadempiente potrebbe agire per imporci di pagare.

Il Trattato entrerà in vigore il primo gennaio del 2013 ma dovrà essere ratificato da dodici Paesi. Attualmente il Fiscal Compact è stato ratificato da 9 Paesi (Cipro, Danimarca, Grecia, Irlanda, Lituania, Lettonia, Portogallo, Romania e Slovenia).

Di fronte a questo scenario preoccupante la scena che si rappresenta nel teatro della politica è disarmante.

Bersani, impegnato a mascherare le proprie responsabilità, non ha il tempo o la faccia per andare in aula a votare ma trova la forza di evocare un’altra delle sue imperdibili metafore. Così a youdem dichiara che : “ Noi non siamo la Spagna, pero’ che dire…sono i dieci piccoli indiani: prima la Grecia, poi Irlanda, Portogallo, Spagna, Italia. Se non si ferma il meccanismo, sono campane che in qualche modo suonano anche per noi…”. Campane a morto si direbbe dato che il leader del PD aggiunge che il fiscal compact avrà “effetti positivi se accompagnato dall’attuazione delle misure decise al vertice europeo: la disciplina dei conti lasciata sola assolutamente non basta”. Le misure, spiega, sono “i meccanismi di difesa dell’euro e una politica che incoraggi gli investimenti a livello europeo”. Ovvero, dice ancora Bersani, “bisogna che sia consentito di dare un minimo di spinta all’attivita’ economica, di lavoro subito. Perche’ se non c’e’ questo e ci si limita a tirar la cinghia, dopo non c’e’ piu’ niente, neanche la cinghia…”.

Ci sarebbe da ridere se non fosse che è il PD di Bersani ad aver voluto ed oggi a sostenere il governo Monti e cioè il commissario che ha il compito di applicare in Italia le politiche della BCE e dei mercati.

Alle metafore di Bersani, da fuori del Parlamento, risponde con altrettanta fantasia Massimo Rossi, portavoce (in vero poco valorizzato) della Federazione della Sinistra che si lancia in una iperbole di carattere storico : “ Non ancora soddisfatta del disastro economico e sociale prodotto dalle politiche ingiuste e recessive del Governo Monti, la sua maggioranza Alfano/Bersani/Casini, come gli antichi romani fecero a Cartagine nelle guerre puniche, ha ora deciso di spargere il sale sulle macerie del nostro Paese, per far si’ che nulla possa risorgere’. Insomma la guerra è persa ed ai vinti, il popolo italiano si presume, non resta che pagarne le conseguenze. Di guerra parla anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione, impegnato in un ultimo, disperato, tentativo di convincere i parlamentari a non votare il trattato. L’ex ministro insieme all’ex capogruppo Russo Spena si introducevano a Montecitorio per distribuire ai deputati che affollavano il Transatlanitico un volantino con l’immagine di un cappio e la scritta: ‘Il fiscal compact e’ un cappio al collo dell’Italia, votate no’ ed un testo che denuciava addirittura che : “ Nella totale assenza di informazioni la maggioranza che sostiene Monti ha dichiarato guerra all’Italia con un provvedimento che determinera’ l’aggravamento della crisi, la distruzione dello stato sociale, l’aumento della disoccupazione e della poverta’. Pdl, UdC e Pd sono responsabili di un gravissimo attacco alle condizioni di vita degli italiani, che pagheremo noi e i nostri figli’.

Si direbbe una situazione senza speranza ma ci viene in aiuto di nuovo Massimo Rossi che indica una via d’uscita : “Costruire un’alternativa di Governo a sinistra rispetto l’attuale insana maggioranza e’ urgente e obbligatorio anche per revocare, oltre alla manomissione degli articoli 18 dello statuto dei lavoratori e 81 della Costituzione, la distruzione del sistema pensionistico anche questo ennesimo misfatto!”.

Il punto è non solo come ma con chi si può costruire un una simile armata capace di “riconquistare Roma” seguendo la metafora di Rossi.

Vendola attacca la Merckel e non Bersani : “Nella distrazione e nel silenzio piu’ impotente, la Camera dei Deputati ha approvato il Mes (Meccanismo europeo di stabilita’) e il Fiscal compact. Sono due imposizioni della politica dell’austerita’ promossa in primo luogo da Angela Merkel”.

Un poco meglio va con l’IDV che questa volta vota contro perchè, secondo Evangelisti : “ Il fiscal compact “e’ una camicia di forza”, che in una fase di crisi come quella che sta vivendo il paese “puo’ essere addirittura controproducente.” “Controproducente” potrebbe sembrare pochino ma è comunque un passo avanti rispetto alla astensione dell’IDV al Senato.

Di Pietro sa che ormai Bersani e soprattutto Napolitano gli stanno alle costole ( oggi Letta ha dichiarato : “Mettere Napolitano contro Falcone e Borsellino è un’operazione bieca, intollerabile, indecente” ) e piano piano sta uscendo dalla foto di Vasto. Meno chiaro è se Vendola confermerà il patto di ferro con l’IDV di qualche settimana fa (prima delle dichiarazioni di Di Pietro su Genova 2001) o se lascerà l’IDV al suo destino.

In Parlamento la posizione più chiara, (purtoppo!) la esprime la Lega Nord che con Dozzo ricorda che : “Oggi, nel silenzio generale, e’ cambiato l’articolo 1 della nostra Costituzione ma nessuno lo dice: la sovranita’ non appartiene piu’ al popolo, ma alla burocrazia europea, che per giunta la esercita nelle forme e nei limiti che essa stessa decide”. Se nessuno ricordasse che la Lega ha votato in Parlamento che Ruby era la “nipote di Mubarak” questa dichiarazione ci potrebbe anche stare…

Questa è la politica che ruota attorno al palazzo. Un quadro deprimente che spiga perchè scelte come queste possano passare senza un dibattito nel paese, senza una qualsiasi forma di partecipazione, di confronto, di dialettica. La passivizzazione è il frutto di decenni in cui invece di chiamare gli italiani a confrontarsi sul reale si è indotto un finto scontro sulle apparenze del potere. Abituati a discutere di Noemi, di Ruby e delle notti di Arcore gli italiani si distraggono rispetto a scelte che segneranno per decenni le vite di tutti. Qui sta la forza di Monti. Qui la sfida di una sinistra capace di lasciare ad altri la spasmodica ricerca di battute e narrazioni per concedersi la forza della coerenza e del merito.

 


Fonte:

http://www.iacopovenier.it/2012/07/fiscal-compact-la-politica-delle-metafore-cancella-la-democrazia/

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