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Storie operaie: un racconto di Enrico Baglioni

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STORIE OPERAIE

un racconto di Enrico Baglioni


" Gli anni '70, ridotti a icona di una pistola impugnata a due mani, non sono stati l'unico fenomeno di sovversione sociale sul quale si è esercitata la manipolazione storiografica.

Basta pensare al destino toccato in sorte al '68, che si apre il 19 aprile con la rivolta delle operaie della Marzotto di Valdarno e prosegue con le lotte operaie del Petrolchimico di Marghera e della Pirelli di Milano, per fare solo due clamorosi esempi, e che tuttavia viene offerto all'immaginario collettivo come espressione immaginifica di studenti di estrazione borghese.

Non si intende sottovalutare l'importanza del fatto che finalmente gli studenti scendessero in piazza non per "Trento e Trieste"ma a fianco degli operai, quanto riconoscere come nella ricostruzione storica prevalente la rivendicazione di "Potere Operaio" abbia finito per essere sostituita da quella della "fantasia al potere"!
Del resto èanche vero che gli studenti del '68 cominciano a smettere di essere i rampolli della borghesia: la scolarizzazione di massa ha immesso fila di figli di proletari sui banchi degli istituti tecnici ma persino negli atenei la composizione sociale delle matricole va modificandosi.
Ma in realtà  il '68 fu espressione soprattutto delle lotte operaie all'nterno delle quali hanno iniziato a manifestarsi subito la scelta di ribellarsi e scavalcare il sindacalismo collaborazionista, la disponibilità  nei confronti dell'uso della forza; la determinazione a scontrarsi con le articolazionie gli apparati repressivi dello Stato, la capacità  di esercitare il proprio contropotere sul territorio: tutte forme di lotta e comportamenti politici che in seguito saranno i connotati salienti dell'Autonomia Operaia.
In questo senso quella fra un movimento del '68 edulcorato e tutto "peace & love" e un movimento del '77 "sporco e cattivo" è¨ una contrapposizione del tutto falsa.

Con le lotte a partire dai rinnovi contrattuali del '68 e del '69 gli operai rompono la pace sociale e iniziano un ciclo che trapassa negli anni '70 con un processo nel quale la successiva radicalizzazione di forme e contenuti di lotta non rappresenterà  mai una rottura ma una linea di sviluppo nella continuità.
Si tratta di un percorso scandito da due tappe fondamentali. La prima è costituita dalla radicalizzazione della lotta operaia che raggiunge il suo apice nel corso della lotta contrattuale dei metalmeccanici nel 1973 culminando con le bandiere rosse sui tetti della Fiat occupata dagli "incappucciati" e dai "fazzoletti rossi".

L'organizzazione della fabbrica cambia completamente di segno: ora i reparti, sottratti al controllo del comando padronale diventano il centro dell'organizzazione autonoma che si esprime attraverso il controllo della fabbrica con cortei interni, l'intimidazione e la punizione di chi difendeva gli interessi del padrone: in queste occasioni gli operai per non essere riconosciuti e poi licenziati si coprono il volto con fazzoletti rossi.

La seconda tappa è costituita dalla proiezione sul territorio dei rapporti di forza e dei contenuti maturati nella lotta di fabbrica: a partire dal 1974 si sviluppano le occupazioni di case, le autoriduzioni delle bollette e degli affitti, tutte lotte all'interno delle quali è consistente e decisiva la partecipazione di quelle stesse avanguardie operaie di massa che "tirano"le lotte nei reparti.

Il passaggio successivo sarà la partecipazione operaia alle 2spese proletarie" che raggiungeranno una diffusione significativa nel 1976.
Nessun dubbio che a partire dagli anni '70 inoltrati appaiono sulla scena in maniera massiccia nuovi soggetti sociali che arricchiscono di rivendicazioni, di contenuti e di forme di espressione il conflitto sociale che tuttavia rimane fortemente contrassegnato dalla "centralità  operaia" espressione con la quale non si intendeva solo rimarcare il peso specifico, quantitativo e qualitativo, della classe operaia, rispetto alla totalità  dello schieramento antagonista ma, pù ancora, cogliere il punto più elevato del conflitto, quello fra comando padronale sul lavoro salariato e autonomia operaia e potere operaio contro il lavoro salariato come paradigma e chiave interpretativa della totalità  di uno scontro sociale che muovendosi dalla materialità dello scontro di fabbrica attingeva il "cielo" della politica mettendo in discussione ogni articolazione dei poteri dello Stato.
E' questo "dualismo di poteri" -fra il comando padronale di fabbrica con le sue articolazioni statali e gli istituti del contropotere operaio e proletario- che determinano la radicalizzazione della lotta operaia a partire dal marzo del 1973. per quanto nessuno dei protagonisti di allora avesse piena coscienza dei mutamenti epocali alle porte -nessuno avrebbe potuto credere a un mondo senza operai- era diffusa la certezza che in gioco non ci fosse soltanto un clamoroso ridimensionamento del protagonismo operaio e un forzoso ristabilimento del comando di impresa sul lavoro ma proprio la cancellazione della classe operaia come variabile indipendente e la sua riduzione a forza lavoro tout court.
Questa coscienza di essere alla vigilia di una fatidica resa dei conti fra capitale e lavoro si accompagna alla rivelazione del fatto che se il comando di fabbrica utilizza tutta il suo armamentario in funzione antioperaia allora agli operai stessi non rimane che attrezzarsi.
D tutto questo ci racconta la storia della lotta operaia della magneti marelli e questo video vuole essere una ricostruzione veritiera delle ragioni di quelle lotte e insieme un tributo ai protagonisti di quelle lotte."

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