BREXIT : LA RETORICA NON BASTA
Intervento del capogruppo di SEL al Senato Loredana de Petris sulle comunicazioni del presidente del Consiglio prima della riunione del Consiglio d’Europa
Signor Presidente, devo dire con estrema franchezza che ci saremmo aspettati da parte del presidente Renzi delle indicazioni più chiare rispetto alla posizione che il nostro Paese assumerà domani durante il vertice europeo e anche nel ristretto vertice di oggi pomeriggio a Berlino, perché intanto dobbiamo avere la consapevolezza di un’analisi seria del voto in Gran Bretagna.
Lo dico qui in modo molto chiaro: noi non riteniamo assolutamente convincenti alcune letture che sono state date, tipo quella del conflitto generazionale, e i dati ci confortano in questo senso. Il voto sulla Brexit ribadisce ancora una volta i segnali già ampi che c’erano stati in varie altre parti d’Europa: penso solo a quello che è accaduto in Austria, dove per un pelo non è stato eletto un Presidente della Repubblica xenofobo. Questo voto ribadisce con chiarezza la sfiducia ormai di milioni di cittadini europei nei confronti delle politiche europee, del rigore e dell’austerity, che diventa una vera e propria rabbia popolare di chi si sente escluso, delle periferie delle nostre città come di quelle inglesi, e di chi sente il peso negativo dell’Europa di questi anni. È stato quindi un voto contro queste politiche e anche un voto chiaro contro le élite, in una situazione in cui la crisi economica non ha dato le risposte adeguate che pure erano necessarie; in una situazione sociale che in Inghilterra (ma questo vale un po’ per tutti i Paesi europei e anche per il nostro) è caratterizzata da svalutazione del lavoro, da disoccupazione, da sottoccupazione, da esclusione sociale e da distruzione vera e propria, che in Gran Bretagna iniziò già dalla Thatcher, della classe media, quindi di uno dei fattori che storicamente ha rappresentato un elemento di stabilità in tutti i nostri Paesi. Non c’è quindi solo la sfiducia nei confronti delle politiche europee, ma in generale anche nei confronti della politica come strumento per poter cambiare la propria vita, perché si ritiene che le risposte di fronte ai problemi dei cittadini colpiti dalla crisi, cioè le risposte albrexitla mancanza del lavoro, alla tutela, alla prospettiva per sé e per i propri figli, non solo non ci sono state, ma in certi casi hanno aggravato la situazione.
Da questo profondo disagio noi dobbiamo ripartire. Lo dico, anche se Renzi non sta a sentire, come è suo costume e mi spiace molto. In questo momento non basta utilizzare di nuovo gli strumenti della retorica. Tutti noi siamo legati al Manifesto di Ventotene, ai valori dell’Europa, ma oggi non basta più, non è sufficiente fare solo e unicamente questo richiamo.
Oggi ci troviamo a un punto di grave crisi ed è quindi assolutamente necessario un cambio di rotta radicale, altrimenti questo è il de profundis dell’Europa.
Abbiamo visto l’Europa in azione in tema di immigrazione. Qual è stata la sua risposta? Per anni si è fatto finta che il problema fosse solo italiano e alla fine una risposta c’è stata, ma molto parziale e realizzata con fatica. La risposta immediata è stata rappresentata da muri esterni e politiche sociali insufficienti all’interno, con conseguente grande disagio sociale. In questo modo vengono avanti le spinte xenofobe e nazionaliste.
Per cambiare rotta oggi, chiediamo al nostro Governo di sollecitare il Consiglio europeo mettendo in campo delle proposte chiare e precise. Non ci si può accontentare di essere stati invitati nel salotto buono, perché la foto che ritrae insieme Renzi, Merkel e Hollande rischia di essere una cartolina sbiadita che non avrà alcun effetto su ciò che è assolutamente necessario cambiare.
A tal proposito, non dobbiamo sottacere che bisogna avere il senso di responsabilità di affrontare, una volta per tutte, quel modello tedesco è stato imposto come regola a tutta l’Europa dal punto sia economico, che sociale. Anche la differenza di posizioni tra la Germania e gli altri Paesi di fronte all’esito del referendum sulla cosiddetta Brexit la dice lunga su un Paese – la Germania – che anche nei momenti più difficili punta ovviamente a difendere i propri interessi e non certamente quelli degli altri Paesi europei.
Signor Presidente, un altro atteggiamento che si è avvertito in questi giorni, ma che bisogna assolutamente evitare è il disprezzo per il voto dei cittadini. Il disprezzo che si era manifestato nei confronti del referendumin Grecia è lo stesso che abbiamo visto negli ultimi giorni. Si tratta di un atteggiamento assolutamente sbagliato e negativo che allontana ancora di più i cittadini dall’Europa. Da questo punto di vista, occorre immediatamente evitare gli effetti di destabilizzazione del bail in. Noi chiediamo che si arrivi rapidamente a una moratoria dell’applicazione del bail in e ad affrontare con forza e in modo definitivo la revisione del fiscal compact. Tutte le nostre politiche in quello spazio di sovranità nazionale che era rimasto, alla fine sono andate sempre in quel senso.
Allo stesso modo, invito a essere molto accorti su quello che sta accadendo con riferimento ai trattati. Penso al TTIP, che aggraver à la situazione sociale ed economica di tutti i Paesi europei, compreso il nostro. Non è pensabile che anche su questo argomento non ci sia la possibilità neanche per i Parlamenti nazionali di esprimersi. Analoga preoccupazione riguarda il Trattato tra l’Italia e il Canada, che addirittura non si vuol neanche far ratificare dai Parlamenti nazionali.
Queste sono le questioni da affrontare, su cui potremmo dilungarci a lungo in questa sede. Nella risoluzione presentata abbiamo avanzato una proposta in modo secco. Se davvero si tratta non solo di retorica, ma della volontà di cambiare rotta, diffido a utilizzare questa volta il referendum costituzionale (si è passati dall’anticasta al fattore di stabilizzazione). Lo dico sommessamente al Presidente del Consiglio. Sappiamo bene che anche questa riforma fa parte di quello che l’Europa ha chiesto e imposto, ma essa va nel senso esattamente opposto a quello che gli esclusi, chi soffre e tutte le periferie dell’Europa ci hanno detto con il referendum sulla Brexit e continueranno a dirci. Non è questa l’Europa che vogliono: vogliono non questa stabilizzazione, ma le promesse che erano state fatte per un’Europa che avrebbe dovuto rappresentare uno spazio non solo di pace, democrazia e diritti, ma anche di benessere sociale.
Tutto questo è stato tradito. Se volete utilizzare il referendum per dire questo, vi state incamminando su una strada sbagliata. E ve ne accorgerete, perché i cittadini quando votano, come vedete, danno dei segnali chiari e precisi.
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