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Bahrain, il silenzio sulla primavera

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Baharain, il silenzio sulla primavera

Il silenzio. Un lenzuolo bianco che oscura qualsiasi notizia possa arrivare a noi, alterando quella verità imperante frutto di una pessima informazione. E' quanto sta accadendo in questi giorni in Bahrain, dove le proteste contro il governo filosaudita in questi mesi non si sono mai fermate. Proprio due giorni fa infatti si è tenuta a Manama una grande manifestazione per chiedere un radicale cambiamento politico. Questa è stata solo l'ultima delle proteste che in questi ultimi giorni si sono intensificate, scatenando una repressione da parte della polizia e soprattutto delle forze di sicurezza dell'occupante saudita. Infatti il piccolo emirato da oltre un anno è occupato da contingenti armati mandati a ristabilire l'ordine e a preservare lo status quo dalla vicina e potente Arabia Saudita. Alla faccia dell'indipendenza del paese. E' la risposta delle petrolmonarchie alla primavera del Bahrain, ma evidentemente la libertà di una donna e di un uomo del Bahrain contano meno, molto meno, di quella di un cittadino siriano o iraniano, visto che su questa rivolta nessuna colonna di inchiostro è stata spesa sui nostri media. Niente. No un articolo, non un filmato. Qui tutto deve restare immobile, fermo, perché sotto attacco sono gli interessi dei nostri "amici", ovvero quelle dittature che per il solo fatto di aver scelto alleati vincenti sono al sicuro da ogni critica. 

Ma nonostante le repressioni e gli incarceramenti di numerosi leaders sindacali e studenteschi la protesta va avanti e si rafforza. Per denunciare queste situazioni sono iniziati anche alcuni scioperi della fame. Fra tutti preoccupano i casi di Zainab al-Khawaja e di suo padre Abdulhadi al-Khawaja, che hanno iniziato uno sciopero della sete e della fame 17 marzo, rischiando – come denunciano i medici delle organizzazioni per i diritti umani – di vedere compromesse nel giro di pochi giorni importanti funzioni vitali. 

 

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